8 marzo: Musical e Violenza di Genere

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In questo 8 marzo 2024, in punta di piedi e con il massimo rispetto, proviamo a toccare il tema della violenza di genere per come è stato affrontato nella storia del musical. Certo non per cavalcare uno dei trend del momento, ma pensiamo ci siano molti spunti interessanti da approfondire.

Se pensavate che cento anni fa si evitasse il discorso… beh, vi sbagliate. Prendiamo il “Porgy and Bess” di Gershwin/Heyward (quello della celebre “Summertiiiiiime…na na na naa na na naaa”). Beh: la vicenda prende vita in un ambiente afroamericano di una Charleston miserabile e violenta in cui Bess è una donna che non può vivere il suo amore e la sua vita perché considerata “proprietà” dal suo ex. In verità, un po’ per tutta la storia, sarà sempre costretta a cercare la protezione (se non i soprusi) di un uomo per sopravvivere. Anche quando non ne è innamorata.

Ricorderete poi, siamo sicuri, i fratelli Pontipee di “Sette spose per sette fratelli” che decidono di prendersi moglie mettendo in atto la loro versione del ratto delle sabine ma, la scena violenta e maschilista del rapimento, attende in realtà un riscatto femminile: i fratelli dovranno pentirsi e liberarsi dei loro modi rozzi e patriarcali prima di potersi avvicinare, meritare e conquistare le fanciulle rapite.

Ma se pensiamo a uno dei momenti più forti e drammatici in tutta la storia del musical, forse lo vediamo nel capolavoro di Bernstein/SondheimWest Side story”. Con un certo coraggio, anche nel film del 1961 che tutti conosciamo, viene mostrato il tentativo di stupr0 del gruppo dei Jets ai danni di Anita. Tutto avviene tra scherni, risate per l’odio tra fazioni di uomini che, come spesso accade, si riversa anche su donne innocenti.

In un ambiente più tranquillo si parla di violenze anche nel successo di una decina di anni fa, “Waitress”, della nota cantante e musicista Sara Bareilles. La protagonista, Jenna, rimane incinta di un marito alcolista, sfaticato e manipolatore che dimostrerà di avere anche comportamenti violenti. Jenna, nonostante i dubbi, inizialmente lo difende e solo molto più avanti troverà la forza di allontanarsi da lui.

Ma sentite invece questa trama: la protagonista è una giovane, ribelle e intrattabile, che non vuole sposarsi ma viene forzata dal padre a un matrimonio combinato. Alla fine sarà “addomesticata” ma anche letteralmente sculacciata dal marito nell’immagine più iconica dell’opera. Sembra un manifesto del maschilismo ma è solo il riassunto de “La bisbetica domata” di Shakespeare, rappresentata dal gruppo di attori protagonisti di “Kiss me Kate” di Cole Porter (e dei coniugi Spewack). La vera storia è un continuo susseguirsi di scena e fuori scena tra la vicenda ambientata nel medioevo padovano e gli spassosi e tormentati rapporti degli interpreti dietro le quinte. Al contrario, la protagonista femminile, è la figura forte e positiva che nel lieto fine sarà più domatrice che domata.

Un discorso a parte va fatto per “Carousel” di Rodger and Hammerstein. Opera parecchio controversa nella quale alla fine, parlando con una figlia ormai diventata grande, la protagonista Julie pare giustificare un amore ampiamente condito da violenze domestiche subite dal marito Billie. La frase delle discordia è: “È possibile colpirti, anche forte ma senza ferirti davvero”. Pensiero davvero poco condivisibile.

Come vedete, il tema è stato affrontato tante volte anche in epoche in cui, un paio di schiaffi tra le mura domestiche, sembravano una prassi quasi dovuta e giustificabile.
E a voi? Viene in mente qualche altro titolo? Scrivetelo nei commenti!


Ilse e Martha in Spring Awakening

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di Paolo Schembri

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